PILLOLE DI MITOLOGIA- SAN VALENTINO di Daniela Venditti

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PILLOLE DI MITOLOGIA

Anche se in ritardo di un giorno, non potevo NON ritagliarmi qualche minuto per parlare di San Valentino e per fare un viaggio, con lui e con voi, nel passato più lontano….

La storia del Santo di Terni, il più amato e romantico del calendario, la conosciamo tutti: la leggenda narra che il martire, udendo due innamorati litigare, andò loro incontro con una rosa in mano che, prontamente, donò alla coppia sperando che si riappacificasse subito.
I due innamorati, si guardarono negli occhi e si resero conto di amarsi più di prima.
E da lì, ai giorni nostri, l’ evoluzione della storia, la conosciamo un po’ tutti….

Ma prima?
Prima di questa ricorrenza religiosa, istituita da Papa Agesilao nel 496d.C., l’ Urbe festeggiava, pressoché negli stessi giorni, i Lupercalia, in onore del Dio Luperco.

Luperco è una divinità rurale della mitologia romana, invocato a protezione della fertilità.
Inizialmente, era accomunato per fisionomia al lupo sacro a Marte, solo successivamente, assunse una connotazione antropomorfa, e fu lentamente assimiliato ed inglobato nella figura di Fauno e, infine, del dio Pan.

In onore del dio, fu eretto un santuario sul Colle Palatino, nella stessa grotta dove Faustolo, trovò i gemelli Romolo e Remo.

Secondo Ovidio, infatti al tempo del Re Romolo, la popolazione fu colpita da un prolungato periodo di sterilità; fu così che uomini e donne del luogo si recarono in processione nel bosco sacro a Giunone, prostrandosi in atteggiamento di supplica.

La dea, attraverso lo stormire delle fronde boscose, rispose loro che le donne si sarebbero dovute concedere ad un caprone per tornare ad essere fertili.

Da qui, quindi, nasce il rito dei Lupercalia.

I Lupercalia si tenevano sul Palatino a metà febbraio perché questo mese era il culmine del periodo invernale nel quale i lupi affamati, si avvicinavano agli ovili minacciando le greggi.

Sempre Ovidio, ci riporta fedelmente usi e costumi di questo culto, che intendeva rafforzare la fertilità delle donne attraverso pratiche più o meno licenziose: era previsto il sacrificio di caproni (atto di morte e successiva resurrezione), dissanguati e scuoiati.
Le loro pelli venivano indossate dai giovani del luogo che, intrisi con il sangue del sacrificio, correvano intorno al colle Palatino e colpivano con strisce di pelle di caprone, il ventre delle giovani donne che volessero aumentare la loro fertilità.

Al temine del rito, le vergini, ripulivano dal sangue i giovani virgulti con il candido latte ovino e, generalmente, vivevano in coppia per i successivi 12 mesi allo scopo di procreare sotto la protezione di Giunone.

Il sangue con il quale si tingevano il viso gli uomini, rappresentava ovviamente la morte dell’ uomo sterile; le pelli di caprone che colpivano il ventre delle donne, l’ atto di copulazione con l’animale indicato da Giunone.
E il latte che utilizzavano per detergersi, era il simbolo più puro e vero della maternità in arrivo.

I Lupercalia, quindi, erano la manifestazione dell’ amore, della coppia, del sentimento intimo che porta all’accoglienza di un altro uomo/donna nella propria vita, la quale muore nella sua individualità e rinasce a nuova esistenza attraverso la coppia e fu uno degli ultimi culti ad essere aboliti dai cristiani.

E noi, che oggi ce la caviamo con un mazzo di fiori e una cenetta romantica!!!

Daniela Venditti