VETRINA LETTERARIA-INELUTTABILE INCONTRI DI SGUARDI di MILENA RI

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La poesia per me è liberazione.

È la libera uscita del flusso di pensieri che vaga implacabile nella mente. Questo flusso trova forma solo attraverso la scrittura. Tramite la penna riesco a calmarlo, almeno per un po’. Riesco a dargli una dimensione, una definizione, un ritmo.

Per me, la poesia è anche musica.

È lo spartito dei pensieri e delle emozioni; la cadenza esatta; la scansione delle cose; il giusto tempo.

È l’andamento delle emozioni; la creazione di suoni ma anche di immagini attraverso le parole.

È la chiave per entrare nella parte più intima di me; quel piccolo centimetro di libertà che continuo a difendere e proteggere.

La poesia è tutto l’amore taciuto.

Nella mie poesie ci sono dichiarazioni mai fatte; tutti i sentimenti taciuti.

La poesia è tentare di mettere ordine a tutte quelle emozioni in fermento nello stomaco.

La poesia è un nascondiglio.

Scrivo, perché non so parlare, non di cose troppo mie.

Perché credo fermamente che diverse situazioni nella vita sono inevitabili, ineluttabili. L’Enciclopedia Treccani con “ineluttabile” intende qualcosa contro cui non si può lottare, che non si può contrastare, quindi inevitabile, senza scampo.

Ho sempre avuto la tendenza a scappare dalle situazioni impervie. Quando la faccenda diventava ingestibile, fuggivo. Letteralmente. Mi spostavo nello spazio e mi ritrovavo in un’altra nazione. Prima per studio, poi per lavoro, trovavo sempre un modo per andare via. E lasciavo quelle situazioni lì, incompiute, incomplete, indefinite.

La mia mente rimaneva lì, presa da quello che avevo lasciato.

Dopo tempo, ho acquisito la consapevolezza che da molte cose non si può scappare; che ci sono circostanze nella vita che non si possono evitare. Accadono e basta. Bisogna incassare il colpo, riprendersi e andare avanti. Game over. Il gioco è finito. Quel qualcosa ha vinto e ci ha vinto. Ma la fuga non serve. So, let’s start again.

Per esorcizzare questa tendenza, l’ho quindi inserita nel titolo.

Gli occhi stabiliscono il primo contatto tra gli esseri umani.

Prima della parola, della voce, della stretta di mano.

Attraverso gli occhi avviene il primo incontro.

Qualche tempo fa, ho incrociato degli occhi che non ho più saputo dimenticare.

Ci ho provato più e più volte, senza esito positivo.

Ero in un ambiente semi buio, e questi occhi hanno illuminato la stanza, come un lampo nel mezzo della notte.

Rivedo quegli occhi ogni volta che chiudo i miei.

Li vedo ancora brillare.

È stato un ineluttabile incontro di sguardi.

Non potevo evitarlo, mi son trovata lì incastrata in quello sguardo senza vie di fuga.

Ci sono emozioni che sfuggono al controllo, vagano, fluiscono per poi, a volte, svanire; ci sono eventi inevitabili: un incontro, un sorriso, un incontro di sguardi. Alcuni occhi non li puoi schivare, dimenticare, abbandonare. Restano così, luminosi nel buio della mente.

Resta quell’ineluttabile incontro di sguardi.

Così, quegli occhi hanno dato il nome alla raccolta.

[E chissà se lo sai… recita una canzone dei Pinguini Tattici Nucleari]