Il lunedì di Officina si veste di sport.
DORANDO PIETRI, LO SPORTIVO PERDENTE PIU’ FAMOSO AL MONDO
Nato da una famiglia contadina in provincia di Reggio Emilia, la sua
carriera fu tanto fulgida quanto rapida e lo portò dal rincorrere, in
abiti da lavoro, un corridore professionista durante una corsa nella sua
città, fino alla clamorosa squalifica alla maratona di Londra del 1908.
Nella storia delle Olimpiadi c’è un atleta la cui memoria ha
resistito ai decenni, nonostante egli la sua gara non
l’abbia mai vinta. Il giorno in cui entrò nella storia fu il 23
luglio del 1908, il luogo Londra, la specialità che non vinse mai, la
Maratona e il suo nome, ormai leggendario, Dorando Pietri.
La storia di Dorando ha il sapore delle leggende, correva l’anno 1908,
l’anno olimpico.
Quel giorno a Londra faceva molto caldo, anche per un italiano. La corsa
partì alle due e mezza del pomeriggio e ,all’inizio, Dorando, pettorina
numero 19, maglietta bianca e calzoncini rossi, cominciò piano, senza
forzare. Aspettava la seconda metà e, appena superati i 20 chilometri,
cominciò la progressione che lo portò a riprendere il primo:
l’atleta sudafricano Charles Hefferon quando mancavano meno di tre
chilometri all’arrivo.
Il momento peggiore ,però, non era ancora arrivato. Dorando era
distrutto, stanchissimo, disidratato. Entrò allo stadio che quasi non
riusciva più a correre dritto. Barcollava, tanto da sbagliare strada.
Il pubblico nello stadio rumoreggiò preoccupato per l’atleta. I
giudici gli fecero notare l’errore e lo fecero tornare indietro. In
quel momento Pietri non resse più lo sforzo e svenne. Si rialzò con
l’aiuto dei giudici; una, due, tre, quattro volte! Cadde quattro volte
in 200 metri prima di tagliare il traguardo e ogni volta i giudici gli
diedero una mano per rialzarsi.
Tagliò il traguardo in 2 ore e 54. Svenne per la quinta volta e lo
portarono via in barella. Nello stesso momento entrò nello stadio il
secondo atleta, l’americano Johnny Hayes, che si piazzò secondo.
La storia di Dorando è mitica e come tutte le storie epiche finisce
in dramma. Appena saputo quel che era successo all’interno dello
stadio, con i giudici che avevano aiutato Pietri, la squadra
statunitense fece appello alla giuria per chiedere l’eliminazione
dell’italiano, colpevole di essere stato aiutato dai giudici. La
richiesta fu accolta, e fu così che nessun registro olimpico, né
nessun albo dei vincitori, registrò il suo nome. Dorando Pietri da
Mandrio, il più grande corridore della sua epoca non fu mai
riconosciuto tale! Unica consolazione
l’omaggio della regina Alessandra, toccata dalla vicenda umana, con le
indicazioni del famoso scrittore allora cronista del Daily Mail, Arthur
Conan Doyle che scrisse, in calce al suo articolo, “La grande impresa
dell’italiano non potrà mai essere cancellata dagli archivi dello
sport, qualunque possa essere la decisione dei giudici”. Lo convocò a
corte e lo premiò con una coppa che è conservata gelosamente dalla
«Società Ginnastica La Patria 1879» in una cassetta di sicurezza di
una banca di Carpi nello stesso edificio del “Grand Hotel Dorando”.
Max Marzilli