PILLOLE DI LETTERATURA

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PILLOLE DI LETTERATURA
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, nè più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

Opera tratta dalla raccolta Satura 1962-70
In memoria della moglie Drusilla Tanzi

Questa poesia è una bellissima dichiarazione d’amore, forse la più appassionata di tutta la letteratura italiana. In poche righe, Montale sa esprimere tutto il maestoso sentimento d’amore che quasi tutti anelano di provare e realizzare.
La sua semplicità di linguaggio è disarmante perché sa colpire per la profondità e la sensibilità del messaggio: traspare dolorosamente limpido il tormento e il dolore per la perdita dell’amata moglie, ma anche l’amore assoluto, palpitante, che ha accompagnato la coppia per tutta la vita.

Uno stile che raccoglie la quotidianità, la semplicità delle piccole cose della vita, fatta anche di parole comuni, vera concretezza, decisamente in contrasto con il classico stile aulico della lirica: Eugenio Montale parla infatti anche di banalità, come coincidenze e prenotazioni, mentre i suoi passi stanchi susseguono ipnoticamente scendendo le scale. Sembra davvero che i suoi passi risuonino ad ogni scalino, in un triste eco di assenza. In questi versi liberi (tipico nei poeti del Novecento) il poeta gioca ironicamente con un inversione di parti nella coppia: sua moglie Drusilla soffriva di una malattia agli occhi quindi non vedeva quasi nulla. La guida “reale” era quindi Montale che, appunto per aiutarla a camminare, la portava tenendola sottobraccio e accompagnandola. Eppure se lui era stato per lei una guida fisica, lei per lui risulta essere una musa, il suo tutto e una guida spirituale. Purtroppo con la perdita della donna adesso sente solo un grande vuoto, un tormento onnipresente, uno scalino dietro l’altro da superare.
Sono molte le poesie che il poeta dedica alla moglie Mosca, così affettuosamente ribattezzata per la sua miopia molto severa ma nessun’altra, a parere mio, riesce a manifestare con tanta immediatezza lo stretto legame tra affetto e nostalgia che nasce dalla morte di una persona cara. I versi liberi di Montale racchiudono, nella loro semplicità, tutti i colori del cordoglio: l’assenza, la tristezza, l’affetto, la paura, l’impotenza.
C’è però un aspetto evidente nella poesia che trovo prezioso e in cui mi rivedo particolarmente: la gratitudine per tutti i momenti vissuti con chi abbiamo perso. Montale piange Mosca ricordando metaforicamente gli alti e i bassi della vita che li ha uniti, e dalle sue parole emerge la gratitudine per tutto quello che i momenti accanto alla donna amata gli hanno lasciato.

Teresa Di Sotto